ALBERTO CASTELLI
Alberto Castelli cresce negli anni ’70 in una Torino che può non sembrare completamente accogliente e sicura.
Nel passaggio dagli anni ’70 agli ’80, circondata da un ambiente che non concilia postumi del benessere con una crescente discordia sociale (che sfocia nel terrorismo e nella paura), la famiglia di Alberto Castelli trova una chiave di fuga nell’amore per l’arte. La frequentazione dei grandi musei internazionali è la vacanza dal telegiornale urbano.
Il padre di Castelli è pittore e antiquario e sembra educare il figlio ad una sorta di omaggio al museo. “Anch’io” è la sintesi del giovane Alberto davanti a La zattera della medusa di Théodore Géricault, ma sembra sottintendere “anch’io come papà”. E la storia diventa esemplare, riconciliandosi con quella di tutti. In qualche modo, i personaggi dei quadri di Alberto Castelli sembrano provare a fissare, sembrano voler congelare un’infanzia perenne ed impossibile.