PAOLO GRASSINO | T30

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PAOLO GRASSINO
“T30”
30.10 – 30.11.2019
A cura di Lóránd Hegyi

Palazzo Saluzzo Paesana
Via della Consolata 1 bis, Torino

Da molti anni l’impegno dell’artista Paolo Grassino è teso a evidenziare, approfondire e propagare senza compromessi il messaggio poetico insito negli strati di significato immaginari, evocativi, connotativi, delle sue espressioni plastiche. La percezione delle realizzazioni scultoree con la loro sistemazione di stampo drammaturgico suggerisce inoltre una narrazione immaginativa enigmatica, estremamente densa, spesso cupa, che tocca il fruitore nel suo profondo. Questa narrazione magica, incantata, enigmatica, patetico-drammatica e al contempo intrigante e sconcertante, dai toni quasi fiabeschi, si apre ai nostri occhi in modo improvviso e sorprendente, veemente, irresistibile, naturale, ma ugualmente inquietante, inspiegabile, misterioso. Questo divenire sensuale e concreto, immediatamente percettibile, custodisce un segreto enigmatico, poiché le forze interne, che muovono le figure, collegandole o mettendole in conflitto, continuano a essere recondite e invisibili.
L’osservatore si rapporta dunque a un episodio misterioso, enigmatico, bizzarro, esterno e inspiegabile, che però racchiude in sé un denso groviglio dalle connotazioni talmente emozionali e così ricco di associazioni, che l’intera scena plastica con la sua fisicità forte, quasi monumentale, con la sua accentuata materialità, il suo dinamismo, la sua sensualità e la sua schiacciante espressività, sembra essere qualcosa di noto, di quasi naturale, qualcosa che proviene dalla nostra interiorità. L’insieme di questi gruppi scultorei trasporta un’atmosfera eccessiva, psichedelica, e parallelamente una realtà magica, incantata, improbabile, che si propone però ugualmente come realtà esistente, tangibile, immediata. Quest’ambiguità colma l’operato di Paolo Grassino di un’indeterminatezza poetica, di un’incertezza, che provoca a sua volta un’insicurezza destabilizzante ed evoca qualcosa di invisibile, di inafferrabile, di mistico, che non possiamo allontanare da noi stessi, poiché vive nel nostro profondo. 
Questa scena magica, incantata, inesplicabile e ugualmente evidente, percepibile con i sensi, fisica, senza dubbio vitale, che si manifesta nella realtà scultorea, richiama un altro ampio livello di significato, un livello enigmatico, nascosto, non immediatamente percettibile, ma fondamentalmente presente, con un impatto persino risolutivo, un livello di significato che include nessi essenziali, più profondi, che si esprimono proprio nella rappresentazione di incertezze e improbabilità. Il fruitore prova la sensazione che questo livello di significato diverso, alternativo, ampio, con la sua immaginazione illimitata, liberata e svincolata, con il suo orizzonte dall’ampiezza inconcepibile, con i suoi tessuti e i suoi collegamenti mai verificatisi prima, proponga una visione più profonda, più autentica, degli enigmatici avvenimenti del mondo. Figure e scene, che trasportano un’incertezza destabilizzante, turbante e provocatoria, ci conducono infine a una nuova consapevolezza, in cui presentimenti, angosce, esperienza e immaginazione si fondono tra di loro, dando così vita a una nuova forma di intensa esperienza.
In quest’ottica le sculture e installazioni di Paolo Grassino, dal così forte impatto e ricchezza connotativa, vanno intese come una drammatica rilevazione dell’Altro, dell’essenza, del nucleo, di ciò che è mistero. L’Altro rappresenta al contempo l’alternativa, l’immaginario, l’indicibile, che si concretizza nelle espressioni bizzarre, insolite, provocatorie, sconcertanti e così colme di interrogativi delle rappresentazioni delle improbabilità. Tutte le creature, le figure, i corpi umani e animali, tutti gli oggetti, le forme organiche e naturali, tutti i frammenti e gli artefatti architettonici sembrano obbedire a una forza latente, invisibile, o meglio a una logica interna intangibile ma evidente, onnipresente in questo microcosmo poetico. Dietro a scene dinamiche intensamente corporee, sensuali, eccentriche, che palesano incertezze e improbabilità, agisce una logica misteriosa e segreta. Così la radicale improbabilità assume il significato dell’essenza e dell’autenticità e l’incertezza viene reinterpretata per divenire autentico sapere. 
Paolo Grassino cerca di indicare nelle rappresentazioni apparentemente pittoresche, caotiche, irrazionali, delle improbabilità e delle incertezze un’alternativa, di accennare a un’ottica diversa, più ampia, libera, aperta, radicale, indipendente, un’ottica che proietta a un livello metaforico i nessi e gli antagonismi, i collegamenti e i conflitti tra le figure, o anche tra le formazioni organiche e anorganiche, tra gli elementi fisico-vitali, animati, e quelli architettonici e concreti, realizzati artificialmente, per creare così nuovi significati e nuovi potenziali legami tra le diverse dimensioni del vissuto. 
È per questo che nelle sue opere non troviamo assolutamente storielle e aneddoti narrativi, strutturati in maniera lineare, secondo una logica fondata sulla causalità; non compaiono storie intelligibili, che presentano fatti curiosi, pittoreschi, esotici, ma soltanto forme plastiche possenti, monumentali, compatte, estremamente concentrate, che si impongono sullo spazio e si esprimono come una rivelazione metaforica dell’intera narrazione delle incertezze. La modalità rappresentativa di Paolo Grassino non lascia spazio agli aneddoti, a trame secondarie; nel suo teatro ogni figura ha il ruolo di protagonista, poiché non esistono ruoli secondari, che distrarrebbero dagli avvenimenti centrali. Una tensione drammatica, un’estrema concentrazione, un’accumulazione radicale di tutti i possibili strumenti espressivi, attraverso i quali si trasportano messaggi toccanti, emozionali, efficaci e al contempo pregni di stimoli intellettuali, fanno spazio a un’intensissima fantasia radicale, libera da vincoli e pregna di emozioni, che permette di identificare negli avvenimenti enigmatici un divenire fondamentale. 
Le forme plastiche create da Paolo Grassino, gli ossi e i corpi umani e di animali, le piante, gli alberi, i frammenti architettonici, i componenti industriali, che ricordano macchine, carri, armi, generano una confusione percettiva autentica, densa, anarchica, che ha però anche un effetto liberatorio. Parallelamente risulta immediatamente chiaro che è necessario un approccio contemplativo, meditativo, alle sue opere d’arte. La percezione di queste allusioni metaforiche permette di accedere a ulteriori livelli di significato forieri di associazioni, connotazioni e referenze. L’intera manifestazione plastica va intesa come un’incarnazione di evocazioni metaforiche, dove questo sostanziale e destabilizzante stato di incertezza ha un effetto al contempo liberatorio e sconcertante. Liberatorio perché all’osservatore non si propone una chiave di lettura chiara, unilaterale, limitata, esclusiva. Destabilizzante perché non c’è una spiegazione, una motivazione razionale tesa a legittimare i diversi movimenti, i differenti pensieri, i confronti e le relazioni tra le figure, non c’è una rivelazione delle condizioni interiori nell’ambito di una scena plastica articolata in base a criteri drammaturgici.
Nonostante l’operato di Paolo Grassino sia permeato da una coerenza intellettuale inconsueta, persuasiva, affascinante, egli sceglie consapevolmente e con grande acume di fare leva sulle contraddizioni e sugli antagonismi, che dinamizzano le sue narrazioni, approfondiscono la sua complessità emozionale e mentale, e allargano i suoi ambiti connotativi. Nella sua drammaturgia Grassino gioca con effetti in opposizione: da un lato crea un’immobilità solenne, cerimoniale, rituale, in cui le diverse figure sono posizionate in modo gerarchico e in cui una dimensione atemporale le estrae dagli ambiti delle azioni quotidiane, mentre un silenzio ieratico e apparente domina l’inscenazione plastica. Dall’altro libera energie devastanti, selvagge, violente, persino brutali, per occupare l’intera scena e per dominare i movimenti e la gestualità delle figure. I violenti scontri tra i singoli corpi, le figure o gli oggetti, la permanente tensione e gli accenni a possibili scoppi di violenza colmano le sue scene di un dinamismo passionale e di un pathos drammatico relativizzati dall’assolutizzazione delle incertezze e delle improbabilità, un’assolutizzazione che scredita le spiegazioni razionali e mette in dubbio la trasparenza della narrazione. Ironia e pathos, un sovversivo rimettere in questione la trasparenza della narrazione e una rivelazione misteriosa, solenne, della sfera enigmatica sono gli elementi che agiscono in parallelo, indissolubilmente intrecciati, nei lavori di Paolo Grassino.
Sebbene Paolo Grassino rinunci coerentemente a ogni forma di citazione diretta di contesti letterari o mitologici e non si serva assolutamente di allegorie di facile effetto, nelle sue opere si ritrovano motivi della memoria collettiva archetipica, che racchiudono richiami latenti a grandi narrazioni ed episodi mitologici. Paradossalmente ciò conferisce alle sue sculture e ai suoi insiemi una drammatizzazione colma di pathos degli avvenimenti e delle azioni da una parte e un’atemporalità quasi mitica, arcaica, dall’altra, dove i sottili accenni alle vicende del mito rimangono piuttosto nell’ambito delle incertezze eccentriche, senza evocare nessuna forma di antica armonia. Sono piuttosto il silenzio pesante e opprimente e l’oscura, estranea, solennità a risvegliare associazioni con dimensioni mitiche, senza per questo far leva sul pathos dell’eroismo.
Quest’oscurità e quest’irrazionalità delle incertezze si palesa nelle diverse forme dell’accadere, in relazioni e scontri estremamente complessi, in conflitti e lotte, e anche in metamorfosi corporee sconcertanti, inquietanti, persino spaventevoli, delle diverse figure, metamorfosi che, nella percezione delle scene scultoree, fanno leva su dimensioni mistiche o anche su rappresentazioni psicologiche, patologiche, cupe, magiche, irrazionali.
È così che nasce un’aura densa, emozionalmente pesante, inquietante, che forgia la narrazione immaginaria. Diversamente rispetto ai molti suoi contemporanei, Paolo Grassino, nelle sue sculture, accentua l’intensità drammatica delle connotazioni, ed enfatizza evocazioni tematiche sconcertanti e inquietanti, che alludono tutte all’azione inarrestabile e al contempo difficilmente comprensibile di energie cupe, devastanti, pericolose, violente, irrazionali.
L’incontro con queste espressioni scultoree strutturate in base a una precisa drammaturgia e teatralità è spesso drammatico e denso di pathos, accentuato dall’uso consapevole ed efficace dell’elemento sorpresa. L’osservazione della scultura e l’avvicinamento alla stessa suscitano forti reazioni emozionali nel fruitore. In quest’ottica si può dunque affermare che Paolo Grassino sembra operare con effetti colmi di pathos della scultura barocca. Si serve di elementi molto espressivi, di elementi che suscitano emozioni e che coinvolgono l’osservatore psicologicamente, come ad esempio i volti. Grassino, per attivare e intensificare determinati ricordi, sfere, esperienze e timori immaginari, fa leva sulla misteriosa ricchezza di associazioni risvegliate da momenti molto personali come lo sguardo, l’espressione del viso, movimenti del corpo energici ed espressivi. Soprattutto per i corpi degli animali, nella raffigurazione di cani, cavalli, cervi, si genera un effetto molto intenso, toccante, emozionale, grazie al quale l’intero complesso scultoreo delle diverse figure e oggetti appare come un avvenimento coerente, fatale, ineluttabile. È questo ciò che contraddistingue l’intero operato di Paolo Grassino: la sua tecnica scultorea si avvale di effetti catartici, sconcertanti, emozionanti, drammatici, in cui la percezione di narrazioni enigmatiche, immaginarie, poetiche, estremamente complesse, si apre a strati di significato evocativi più ampi e profondi. Questa riconquista della narrazione, questa continua ricerca di una narrazione autentica, essenziale, fondamentale, è al centro dei lavori di Paolo Grassino, lavori in cui energie emozionali inesauribili saldano fra di loro diversi elementi e componenti, richiami e associazioni della sua narrazione, facendone una realtà coerente, evocativa, enigmatica e fortemente suggestiva. Sebbene Grassino faccia ancora parte della giovane generazione di mezzo degli artisti italiani, si può affermare che la sua visione poetica, la sua vis drammatica e la sua direttezza tempestosa, dolorosa, autodistruttiva, cupa, che talvolta sfiora la brutalità, crea intorno alle sue figure un’aura sublime, intrigante, intellettuale e al contempo eroica, violenta, arcaica, che curiosamente rimanda all’emozionalità conflittuale, tormentata, colma di pathos degli artisti e intellettuali del romanticismo e dell’esistenzialismo.
In questo senso si potrebbe affermare che l’operato di Paolo Grassino si distingue per l’ampio orizzonte di una narrazione, che si può definire contemporanea per eccellenza, destabilizzante, sconcertante, scettico-critica, alternativo-immaginaria, nuova, una narrazione che è allo stesso tempo liberatrice e portatrice di dubbi, in cui vivono dimensioni in grado di rivelare nessi insoliti, una narrazione sostanzialmente determinata e legittimata da incertezze e improbabilità. La radicalità, l’eccentrica tensione, l’articolazione e i movimenti dei corpi, il drammatico contrasto tra diverse figure, corpi, formazioni, generano nelle sue opere una suspense e un’intensità permanenti, che fanno riferimento alla più recondita realtà della nostra vita, del nostro orientamento mentale, dei nostri istinti e angosce. L’artista Paolo Grassino ha la capacità e l’impegno necessari per fare breccia sull’osservatore, per toccarlo, per sfondare il muro della sua indifferenza, per riportarlo al suo vero Io.
La tenebrosità inquietante e spaventevole di Paolo Grassino, la sua radicalità intellettuale, la sua misteriosa e sconvolgente irrazionalità sortiscono un effetto ancora più forte, poiché le figure di questo teatro bizzarro, onirico, spesso selvaggio e violento, spietato, brutale in senso arcaico, sono rappresentate in modo tale da apparire assolutamente naturali, in un certo modo concrete e oggettive, prive di pathos e senz’alcun distanziamento o stilizzazione, per così dire immediate e indifferenti. Grassino possiede strumenti artistici che gli permettono di rappresentare costellazioni psicologiche e mentali estremamente complesse con una tecnica semplice. La radicale indifferenza, l’oggettività brutale e violenta, la disinibizione scevra di pathos di questa presentazione intensamente corporea, la narrazione arcaica, senza mezzi termini, irruente, di scene drastiche e colme di tensione hanno qualcosa di scandaloso, di implacabile, ma soprattutto di molto intenso, di toccante, di attraente e di inevitabile. Paolo Grassino non permette a nessuno di sfuggire a questo incontro improvviso, sorprendente, sconcertante. Egli costringe il fruitore a rapportarsi a queste cupe figure immerse in scene inquietanti, violente, permeate dal conflitto.
Caratterizzano l’operato di Paolo Grassino la penetrante radicalità di una fantasia che è sia fonte di libertà che di angoscia, l’intensa sensualità legata al drammatico effetto delle sue forme. Allo stesso tempo però a relativizzare gli interventi drastici, violenti, corporei, la distruzione o deformazione del corpo, che risvegliano associazioni con la violenza, con la devastazione, con la crudeltà, con la sofferenza psichica, con la paura, con la sensazione di smarrimento, con il potere della magia e della stregoneria, è una malinconia poetica e onirica. Questa malinconia percepibile, latente, recondita, imprevista, crea un’aura poetica di riflessione, un’atmosfera lirica, sottile, fatta di ricordi di esperienze e di tempi perduti, dove le immagini mnemoniche personali si congiungono, nell’intera narrazione delle incertezze, a una memoria collettiva inconscia, una memoria che funge da base antropologica, archetipica, mitica. È così che si rivelano prospettive e opportunità nuove, ampie, liberatorie, competenze dell’opera d’arte legate a nuovi collegamenti e referenze. Il pathos relativizzato di Paolo Grassino coincide con le rilevanze delle incertezze, anch’esse relativizzate, che si concretizzano nel suo operato con grande intensità e suggestione, con una naturalezza che è anche in ultima analisi foriera di confusione, di destabilizzazione, di stupore e di insicurezza.

 

Personale a cura di:
Lóránd Hegyi
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